17th ÉCU
The European Independent Film Festival 2022
8 - 10 aprile 2022
Colloquio
Vittorio Bonaffini
Farewell
Sezione: Film sperimentale
ecufilmfestival.com
Versione inglese
In pochi minuti ho provato a raccontare quella sottile linea che ci separa dall’addio con la persona che amiamo. Un flusso instabile che diventa lentamente inesorabile. Un mondo fatto di vuoti e incomunicabilità. Dove non riconosci più il reale dall’immaginazione.
Ciao Vittorio grazie per essere qui con The New Current, come stai in questi tempi molto strani e molto difficili?
Grazie per avermi invitato in questa intervista. Sto bene, ma sappiamo che non sono tempi facili. Non meritavamo nè una guerra né una pandemia. Soprattutto le giovani generazioni, i bambini, le persone già in difficoltà. Ma sai una cosa? Vedo che dopo queste tragedie i contenuti e pensieri delle persone, nei social o nei bar stanno lentamente migliorando. Ho notato che le persone non scrivono e condividono più frasi come ‘Life is beautiful’ oppure ‘I love my job’. Queste sono cazzate! Il messaggio è sbagliato. La vita è piena di di ostacoli ma se fai del tuo meglio può diventare bellissima, e poi il lavoro è sacrificio, delusioni, rincorse, fatica ma può darti grandi soddisfazioni e completare te stesso. Questa è la verità che le nuove generazioni meritano di conoscere.
Questo tempo ti ha offerto ispirazione o opportunità creative?
Forse. Lo saprò tra qualche anno quando davvero capiremo le conseguenze psicologiche di questo periodo.
Congratulazioni per avere il tuo cortometraggio d'esordio ‘FAREWELL’ che farà parte del 17° ÉCU Film Festival, cosa significa per te essere al festival e far parte di una così straordinaria selezione di film sperimentali?
Wow. E’ stato totalmente inaspettata questa nomination. Prima di filmare, Farewell non era un cortometraggio da inviare ai festival, in realtà non era nemmeno un cortometraggio. Volevo solo la possibilità di raccontare una storia, un momento della mia vita. Probabilmente, anzi certamente, l’avrei solo postato solo sui social, su Vimeo o qualcosa del genere. Poi l’interesse di alcune persone, produttori e la mia stessa crew mi hanno convinto a fare un percorso di presentazione ai festival.
Perché hai deciso di girare Farewell in 16mm, sarà qualcosa che rifaresti in futuro?
Abbiamo deciso di girare in 16mm, per dare un'estetica decadente alla casa, ai vestiti, ai momenti di sospensione. Per quanto riguarda la palette colori, le sfumature del verde rappresentano il dramma ma anche la speranza di una rivoluzione emotiva che vediamo all’esterno della casa, mentre l'arancione rappresenta il distacco, la una prigione uterina e sentimentale che entrambi i protagonisti soffrono loro malgrado. Allo stesso tempo, con la scelta della pellicola penso che gli attori abbiano vissuto i giorni del set con molta tensione, rimanendo concentrati solo sulla loro performance e non sentendo la presenza della macchina da presa, non avendo poi la possibilità di rivedere il footage. In modo che quell'esperienza cinematografica fosse il più vicino possibile alla realtà, vissuta solo in quel preciso istante.
Puoi dirmi come è nato Farewell, qual è stata l'ispirazione dietro la tua visione di questo film e qual è stato il messaggio che volevi trasmettere con questo film?
C’è una parte autobiografica sicuramente, ed un’altra parte onirica, che è accaduta solo nella mia testa e nelle mie angosce di quel periodo. Sono sempre stato attratto dal tema dell’abbandono, dell’addio liquido ovvero quel passaggio dall’esplosione di amore stupefacente ed urlato al mondo intero, sui social, alle famiglie, agli amici più vicini fino alla lenta liquefazione dello stesso che sfocia nell’incomprensione, nell’incomunicabilità e nell’isolamento emotivo.
Per me la felicità ha un inizio ma ha sempre una fine, non per forza in un’accezione negativa. Può essere liberazione, resurrezione, qualche volta.
Quando lavoravi su Farewell, quanto sei rimasto fedele al tuo script una volta che hai iniziato a girare, ti sei concesso molta flessibilità?
Lo script era molto semplice e nel film ci sono pochissimi e brevissimi dialoghi. Volevo che la coppia protagonista vivesse il dramma e quella solitudine a modo loro. Per questo ho anche scelto due attori che più o meno da poco avessero vissuto un’esperienza simile.
Qual è stata la sfida più grande che hai dovuto affrontare per dare vita a ‘Farewell’ e, guardando indietro, c'è qualcosa che avresti fatto diversamente in questo film?
Il tempo. Ho scritto e immaginato ‘Farewell’ tre settimane prima del primo giorno sul set. Non avevo un produttore, una crew, nemmeno gli attori ma dovevo in tutti i modi lavorare per trasferire in immagini quell’uragano di visioni per cui avevo un’insolita adrenalina che mi spingeva a crederci nonostante tutto.
Una follia che non rifarò mai più.
Quanto ti ha aiutato il tuo background in ambito pubblicitario a prepararti per dirigere Farewell?
Molto. Facendo film pubblicitari ti confronti con molte persone, stai spesso sul set anche se con meccanismi completamente differenti da quelli del cinema. Però la quantità di brief, idee e contenuti che circolano ti danno una visione fluida di tutto quello che accade nel mondo. Una velocità di pensiero e adattamento che non è per molti.
Ho avuto la fortuna di avere una crew che conoscevo molto bene, per cui trasferire le mie idee è stato molto semplice.
"Bisogna imparare che gli addii hanno la stessa dimensione e grandezza dell’incontro."
Qual è la lezione più gratificante o preziosa che hai portato via realizzando 'Farewell?
Ho capito che cerchiamo la verità ad ogni costo, ma invece è meglio aspettarla seduti in un bar.
Ho imparato che se un elettrico diventa matto e fuori controllo tu gli devi offrire un pezzo di pizza. Sempre.
Ho imparato che il silenzio è un modo per amare.
Ho capito che c’’è una cosa peggiore di tutti gli idioti. Te stesso.
Ho capito che non capirò mai perché un uomo e una donna si dicono ‘sarà per sempre’. E continuerò a indagare su questo.
Ho scoperto che con gli anni i tuoi errori e i tuoi rimpianti impari ad amarli come dei figli.
Ci sono suggerimenti o consigli che offriresti a qualsiasi regista emergente o regista/creatore commerciale?
Facile. Non siate arroganti, ma gentili e comprensivi, quando potete.
E infine, cosa speri che le persone si portino via da ‘Farewell'?
Se lo stomaco ti farà un po’ male alla fine della visione di questo shortfilm sarò soddisfatto. Bisogna imparare che gli addii hanno la stessa dimensione e grandezza dell’incontro. La vita è un arcipelago, ci sono moltitudini di correnti da seguire, onde inevitabili da affrontare anche se ti fanno incazzare pesantemente, tuffi nel vuoto da provare, ma spesso anche isole sicure dove poter attraccare e riprendere fiato.